Nebbie Oleose: Cosa sono? Come si abbattono?
Natura, formazione e trattamento tramite coalescenza
La nebbia è un fenomeno molto affascinante (tranne quando si guida). Alla base della sua formazione si celano una serie di fenomeni fisici e chimici di grande interesse; li esamineremo nel corso di questo articolo per spiegare la genesi di uno specifico inquinante: le nebbie oleose.
In particolar modo, nel corso di questo articolo analizzeremo:
- Cosa sono le nebbie oleose? Scopriremo cosa sono gli aerosol ed il significato della parola «colloide». A partire da questo sarà possibile comprendere le proprietà delle nebbie oleose.
- Come si formano? Quali sono quei meccanismi che possono condurre alla formazione di nebbie oleose in contesti industriali?
- Come si abbattono? Comprenderemo di più sui filtri per l’abbattimento delle nebbie oleose disperse in un effluente gassoso.
Cosa sono le nebbie oleose?
Per spiegare che cosa sono le nebbie oleose risulta essere necessario introdurre alcuni concetti propedeutici. Li esamineremo gradualmente, partendo da un esperimento. Immagina di prendere quattro diversi contenitori. Due di essi contengono dell’acqua distillata, mentre gli altri due contengono rispettivamente etanolo e olio.
Se misceli tra di loro acqua ed etanolo, ottieni una miscela che mostra delle caratteristiche uniformi. In altri termini, le molecole di acqua e le molecole di etanolo diffondono e si mescolano tra di loro.
Se esistesse una lente di ingrandimento in grado di vedere le singole molecole, noteremmo come la composizione all’interno del sistema risulti la medesima in tutti i punti della soluzione. Si è creata in questo modo una miscela omogenea, che è caratterizzata da una singola fase composta dalle due molecole.
Se misceli tra di loro acqua e olio accade invece qualcosa di diverso. Infatti, mentre le molecola di acqua e di etanolo vanno “d’amore e d’accordo”, le molecole di acqua e di olio non si stanno molto simpatiche. Questo, chimicamente, è legato al fatto che acqua ed etanolo hanno entrambe carattere polare, mentre l’olio ha carattere apolare.
L’unione di acqua ed olio non conduce quindi ad una miscela omogenea, ma mantiene piuttosto separate le due fasi. Immaginando che l’acqua sia in abbondanza rispetto all’olio, e immaginando di mischiare le due sostanze con una frusta meccanica, si crea un insieme di goccioline di olio immerse nella soluzione acquosa; si tratta di una miscela eterogenea, caratterizzata da due fasi distinte. Focalizziamo la nostra attenzione sulla miscela eterogenea. Nello specifico caso dell’esperimento analizzato sono state miscelate due fasi liquide; l’acqua, essendo presente in quantità maggiore, si comporta come fase continua, all’interno della quale sono disperse le gocce d’olio (fase dispersa). La domanda che ci poniamo è: si può ottenere un effetto analogo considerando non solo fasi liquide, ma anche fasi solide e/o gassose? La risposta è sì, e i composti che si ottengono vengono denominati colloidi. Un colloide è una tipologia di miscela in cui una fase si trova finemente dispersa in un’altra.
Tipicamente le dimensioni caratteristiche che contraddistinguono la fase dispersa sono comprese tra il nanometro e il micron. In base allo stato di aggregazione della fase dispersa e a quello della fase continua, è possibile classificare diverse tipologie di sistemi colloidali, riassunti nell’immagine.
La tipologia di colloidi che sono di nostro interesse in questo articolo sono gli aerosol e le nebbie, ossia delle fini dispersioni di particelle liquide all’interno di una fase gassosa.
Le nebbie oleose, nello specifico, corrispondono a delle fini gocce oleose disperse all’interno di aria. Ora che abbiamo compreso cosa sono le nebbie oleose, possiamo esaminare i meccanismi che ne governano la formazione.
Formazione particelle oleose
Tipicamente le nebbie oleose si formano in processi che utilizzano olii combustibili, olii lubrificanti, olii idraulici o prodotti polimerici ad alta temperatura. La questione è comprendere come queste tipologie di sostanze possano, dalla fase liquida, formare delle fini dispersioni in aria.
Il primo meccanismo che vale la pena considerare è quello della nebulizzazione. Se un fluido, tenuto ad alta pressione, passa attraverso una sottile fessura o delle apposite configurazioni geometriche, tende a nebulizzare e a formare delle gocce fini.
Questo fenomeno può essere utilizzato volontariamente (ad esempio nei processi di combustione) oppure può accadere in modo indesiderato (si pensi alla fessurazione di un serbatoio ad alta pressione). Un secondo fenomeno, frequente in ambito impiantistico, è la vaporizzazione e nucleazione in conseguenza ad incrementi termici.
Gli incrementi termici di una determinata sostanza sono correlati ad un incremento dell’energia cinetica media delle molecole, con conseguente maggiore tendenza a transire in fase vapore. Se le tipologie di olio prima descritte incrementano la loro temperatura, in conseguenza a contatto con superfici calde o in conseguenza a spiccate fenomenologie di attrito, tendono a transire in fase vapore.
Se l’olio presente in fase vapore incontra poi delle zone più fredde, il valore della tensione di vapore dell’olio diminuisce notevolmente, con conseguente tendenza alla condensazione. Si formeranno dunque in fase gassosa dei nuclei di condensazione, che danno origine alle sopracitate nebbie.
Adesso che abbiamo analizzato cosa sono le nebbie oleose e come si formano, cerchiamo di capire insieme come abbatterle!
Come si abbattono le nebbie oleose?
L’abbattimento delle nebbie oleose avviene sfruttando un principio fisico conosciuto come coalescenza.
Cos’è la coalescenza? La coalescenza è il fenomeno fisico attraverso il quale le gocce di un liquido, piuttosto che le goccioline di un aeriforme, o le particelle di un solido, si uniscono per formare delle gocce di dimensioni maggiori. Si sfrutta questo principio in modo da “ingigantire” quindi le gocce e renderle più facilmente eliminabili dallo stream gassoso. Essendo le nebbie oleose un sistema termodinamicamente instabile, esse tenderebbero, magari anche dopo un tempo infinito, a separarsi dall’effluente nel quale sono disperse accorpandosi autonomamente grazie appunto alla coalescenza spontanea a cui sono fisicamente sottoposte.
Per comprendere meglio questa affermazione, prendiamo in considerazione la miscela di olio e acqua citata nel precedente articolo. Possiamo notare che, se agitiamo vigorosamente la suddetta miscela, si forma una fine dispersione di gocce d’olio all’interno dell’acqua. È anche vero che, se smettiamo di miscelare, le gocce d’olio tendono a coalescere e a formare una singola fase oleosa.
Questo fatto ci fornisce delle informazioni sperimentali molto importanti: acqua e olio tendono a stare il più separati possibile. In termini più scientifici, le due sostanze tendono spontaneamente a minimizzare la loro superficie di contatto. Il fatto che si crei la fine dispersione di olio in acqua è solamente legato alla potenza meccanica che introduciamo nel sistema mediante l’agitazione.
Da qui deduciamo che la miscela acqua/olio non è termodinamicamente stabile e, se si lascia alla miscela sufficiente tempo, le gocce di olio tendono a coalescere e a separarsi dalla fase acquosa. Le emulsioni “stabili” commercialmente utilizzate nella maggior parte dei casi sono in realtà stabili solo a livello cinetico in quanto vengono introdotti dei meccanismi di stabilizzazione che rendono molto lenta la cinetica di aggregazione delle particelle.
Alla base di queste considerazioni vi è una grandezza fisica di estrema importanza: la tensione interfacciale (γ). Questa grandezza fisica esprime il “costo” energetico che bisogna spendere per creare una superficie tra due diverse fasi. Dal momento che creare una superficie di separazione è tipicamente dispendioso a livello energetico, le due diverse fasi tendono a minimizzare la loro superficie di contatto, separandosi.
In ambito industriale non si può però aspettare un tempo infinito per far avvenire naturalmente questo fenomeno; per questo motivo Tecnosida® ha progettato il filtro a coalescenza OILSCREEN. Questo sistema filtrante sfrutta una superficie che promuove il contatto delle gocce oleose disperse, in modo da facilitare a livello cinetico il fenomeno spontaneo della coalescenza.
Una volta accorpate, queste gocce per gravità tendono a cadere verso la parte bassa del filtro dove vengono quindi raccolte e mandate allo smaltimento. L’effluente trattato viene poi aspirato dal ventilatore e mandato verso il camino di espulsione purificato da queste sostanze oleose.
Ricordiamo che affinché il filtro OILSCREEN sfrutti al massimo le sue potenzialità, è bene che gli oli trattati abbiano una viscosità non elevata e che il flusso sia esente da polveri. Infatti, a seconda degli eventuali altri inquinanti presenti nel flusso da trattare, il sistema può richiedere un pretrattamento.
Tecnosida®, oltre a provvedere alla progettazione e alla costruzione dell’apparecchiatura filtrante, propone anche un servizio di pulizia, manutenzione e sostituzione delle cartucce a coalescenza, in modo da garantire nel tempo l’efficienza della filtrazione.
Abbiamo applicato con successo OILSCREEN in un’ampia varietà di contesti, tra cui:
- Il campo del trattamento termico dei metalli
- Il trattamento ad alta temperatura di polimeri sintetici
- Il confezionamento di alimenti
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