Il concetto di biomassa include praticamente ogni combustibile di derivazione non minerale, non fossile. Scopriamo come classificarle!
Il concetto di biomassa è decisamente ampio e, almeno a livello teorico, include praticamente ogni combustibile di derivazione non minerale, non fossile.
Le biomasse si possono definire come la frazione biodegradabile dei prodotti, dei rifiuti e dei residui di origine biologica (vegetali e animali) proveniente dall’agricoltura, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse (comprese la pesca e l’acquacoltura). Possiamo annoverare tra le biomasse anche la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani, come gli sfalci, le potature del verde pubblico e privato e i materiali di risulta della gestione boschiva.
Sotto il profilo fisico le biomasse utilizzabili per scopi energetici possono essere suddivise in liquide e solide; tramite processi di gassificazione, inoltre, vi è la possibilità di ottenere da esse combustibili allo stato aeriforme (syngas). In particolar modo:
Le biomasse solide ed, in particolare, quelle legnose, risultano essere un combustibile culturalmente accettato, decisamente disponibile in alcune zone, economicamente appetibile ed ecologicamente sostenibile. Nel prendere in considerazione questo combustibile è bene tener presente che vi sono alcune importanti variabili economiche, tecnologiche ed ambientali da valutare onde poter avere a disposizione un quadro completo e bilanciato della realtà.
In via sintetica di seguito si raccolgono le principali variabili fisico-tecniche da considerare nella valutazione della biomassa solida nella sua qualità di combustibile.
La densità energetica si riferisce alla quantità di calore che possiamo “estrarre” attraverso la combustione delle biomasse. Essa varia intrinsecamente, a seconda delle varietà di provenienza. Ai fini di una valutazione puntuale di questa grandezza, come di tutte le altre variabili qui accennate, esistono possibilità di analisi specifiche. Tuttavia, almeno per quel che riguarda il combustibile solido[1] per eccellenza, il cippato di legna, vi sono normative tecniche che aiutano nel percorso di comparazione e valutazione.
Infatti la caratterizzazione qualitativa di tale combustibile è normata dalla specifica EU CEN/TS 14961 del 2005 che prende in esame, tra gli altri, parametri quali:
Di fondamentale importanza è il contenuto d’acqua, in quanto inversamente proporzionale alla resa energetica. Infatti il potere calorifico superiore (tabella 3) è un dato teorico che, durante la reazione di combustione, viene ridotto in termini quantitativi del calore necessario all’evaporazione del contenuto idrico del legno (calore di evaporazione dell’acqua). Si tenga presente che tale riduzione è sostanziale, stante che con un contenuto idrico (M) del 40% (pari a u=umidita 67%) il potere calorifico si riduce quasi del 50%.
Alcuni parametri fisici, come il punto di fusione delle ceneri, o chimici, come il contenuto massimo di taluni minerali, sono altresì da considerare. Questi dati infatti possono influenzare le scelte impiantistiche relative all’impianto di combustione e si riflettono sulle concentrazioni di taluni inquinanti presenti negli effluenti di combustione. Altri parametri, come il contenuto medio di ceneri, impattano sui sistemi di pre-abbattimento (Turbovortex® e Tornado®) e sulle scelte da adottarsi per il riutilizzo/lo smaltimento dei relativi scarti.
Si tenga presente che, abbandonando combustibili «standardizzabili» come il legno ed avvicinandosi a combustibili come le cosiddette «biomasse agricole» (strame cavalli, pollina[2], paglia, lolla, bucce, noccioli, residui di distillazione, trebbia di birreria, scarti dell’ olio di semi, scarti di lavorazione del pomodoro, crusca, mela,…), tutti i valori fisico-chimici mutano e risulta fondamentale una rilevazione empirica dei dati relativi ad inquinanti, basso fondenti, polverosità, umidità e ceneri. Un’analisi empirica permette infatti di valutare correttamente le scelte tecnologiche relative all’impianto di combustione, alla linea di trattamento dei fumi e agli impianti ausiliari.
[1] Si tenga presente che intensa è l’attività normativa del CTI in riferimento ai combustili solidi (es:CT 902:Biocombustibili solidi – CT 1003:Criteri di sostenibilità della biomassa – Biocombustibili solidi per applicazioni energetiche)
[2] Il Consiglio di Stato – sez. IV – con sentenza del 28 febbraio 2013 n. 1230 indica che la pollina deve ritenersi, quanto meno allo stato della normativa vigente al momento dell’autorizzazione contestata (2011), biomassa combustibile utilizzabile ai fini della produzione di energia elettrica, ai sensi della parte V del Codice dell’ambiente, sempre che sussistano i presupposti e le condizioni per classificarla quale sottoprodotto avuto riguardo all’utilizzo fattone dal produttore, secondo le valutazioni fatte caso per caso dall’ente competente.
Il concetto di biomassa include praticamente ogni combustibile di derivazione non minerale, non fossile. Scopriamo come classificarle!
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